Non più di una decina di giorni fa, Franco Gabrielli, ex capo della polizia e della Protezione Civile e che ora ricopre la carica di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza nazionale, intervistato dal Corriere della Sera aveva espresso la propria preoccupazione inerente all’impiego di software prodotti in Russia, soprattutto nei sistemi della Pubblica Amministrazione. In particolare, si era fatto riferimento al popolare antivirus Kaspersky che, viene impiegato ampiamente da oltre 2.200 enti pubblici, tanto che il software potrebbe essere presente anche sul computer di Mario Draghi, presidente del consiglio.
A quanto pare, il governo ha deciso, allo scopo di rafforzare la sicurezza informatica dei PC ed evitare eventuali furti di dati, di eliminare l’antivirus Kaspersky. La misura, contenuta nel “decreto Ucraina“, si è resa necessaria non solo per preoccupazioni inerenti alla cybersecurity, ma anche per la possibilità che l’azienda russa non sia più in grado di fornire aggiornamenti per i suoi programmi e servizi, in conseguenza della crisi in Ucraina. Come si può leggere nel testo, le amministrazioni dovranno procedere tempestivamente alla diversificazione dei prodotti in uso.
L’Italia non è l’unico paese che ha deciso di eliminare i software Kaspersky dai sistemi della Pubblica Amministrazione. Già nel 2017, quando ancora non era scoppiata alcuna guerra, gli Stati Uniti avevano messo al bando i programmi Kaspersky per sospetti inerenti a possibili azioni di cyberspionaggio e anche Francia e Germania, recentemente, hanno preso la medesima decisione. L’azienda russa, una delle più conosciute per i suoi software destinati alla protezione da virus e malware, ha sempre affermato che i dati dei suoi utenti sono protetti e sicuri, ma, vista la situazione corrente, i suoi proclami ormai servono a poco.